A sinistra la pediatra Alaa al-Najjar

Il continuo bombardamento di Israele ha colpito anche l’ospedale Nasser di Khan Younis, spazzando via nove dei dieci figli della pediatra che ci lavora. Chi non scappa è destinato al massacro di Netanyahu e dei suoi accoliti. Per salvare sé e i propri figli i gazawi e i cisgiordani devono sloggiare dal medio Oriente

Resta una madre Alaa, certo, ma contornata dai cadaveri. Non solo quelli che da pediatra assiste ogni giorno, corpicini squartati dall’esplosivo vomitato da Israele sulle poche pietre di Gaza ancora in piedi, ma davanti ai piccoli sudari dei figli suoi, uccisi tutt’assieme, nove su dieci, con uno strike che può inorgoglire Benjamin Netanyahu e chi gli obbedisce vestendo una divisa. Dicono siano ufficiale dell’aeronautica israeliana. Ufficiali? piloti? Massacratori è il termine che illumina al meglio la loro opera. Volano sulle teste di chi non sa dove andare, non può fuggire né ripararsi, trasforma soltanto ogni angolo di polvere in un anfratto dove attendere una sorte spesso maligna. E’ così che l’ospedale Nasser di Khan Younis è diventato l’ennesimo obitorio e lei Alaa al-Najjar, la dottoressa dei bambini feriti e denutriti, ha visto i resti neri e riarsi della sua prole. Doveva pensare a salvarli assieme al marito e collega, diventato anche lui bersaglio e ora semi moribondo. Dovevano adoperarsi a distribuire altrove quei corpicini finché i cuori battevano e le palpebre non si chiudevano per sempre. Dovevano smistarli in Giordania, Egitto, in qualche capo profughi libanese e siriano, via dalla Striscia perché quella è terra maledetta che Israele sta arando col fuoco e col sangue degli ostinati e stolti che vogliono rimanerci.

L’ospedale Nasser di Khan Yunis, colpito da un bombardamento israeliano (AP Photo/Jehad Alshrafi)

E sfidare il Popolo Eletto, l’unico degno di espandersi nelle terre che Dio gli ha promesso, è una bestemmia degna dei terroristi che rappresentano questa gente. Nella loro posizione di professionisti della medicina, i due dottori non dovevano spendersi nel curare i piccini bersagliati dal cielo, il destino ha deciso: via da quell’insignificante lembo di sabbia, che va reso Eden come Israele ha mostrato di saper fare sul suolo diventato suo Stato. E’ l’ostinazione palestinese a resistere che li rende cadaveri, i governanti della real politik a Tel Aviv programmano, i loro signori della Guerra eseguono, le ombre vaganti nella Knesset non possono far nulla da mesi.  Da anni, dal 1948 sono complici di questo processo di sfratto e decimazione. Per salvare sé e i propri figli i gazawi e i cisgiordani devono sloggiare dal medio Oriente. Non farlo è presagio di morte, è la morte stessa, è inutile piangere dottoressa Alaa, i dominatori globali vi riservano questa sorte. Prendere e sparire.  

articolo pubblicato su    http://enricocampofreda.blogspot.it

di Enrico Campofreda

Giornalista. Ha scritto per Paese Sera, Il Messaggero, Corriere della Sera, Il Giornale, La Gazzetta dello Sport, Il Corriere dello Sport, Il Manifesto, Terra. Attualmente scrive di politica mediorientale per il mensile Confronti, per alcuni quotidiani online e sul blog http://enricocampofreda.blogspot.it/ Publicazioni: • L’urlo e il sorriso, 2007 • Hépou moi, 2010 • Diario di una primavera incompiuta, 2012 • Afghanistan fuori dall’Afghanistan, 2013 • Leggeri e pungenti, 2017 • Bitume, 2020 • Corazón andino, 2020 • Il ragazzo dai sali d’argento, 2021 • Pane, olio, vino e sale, 2022 • L'Intagliatore 2025

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