Il governo italiano continua ad avere scambi con l’Egitto, un Paese con totale assenza di diritti civili. I governi italiani che si sono succeduti hanno sempre tessuto rapporti con il regime militare che dal 2013 sta opprimendo la popolazione con continui abusi e arresti. Oggi più di ieri, la premier Meloni sta cementando il rapporto con il generale al Sisi, nonostante questi abbia opposto indisponibilità assoluta all’arresto di quattro ufficiali, accusati di aver assassinato il ricercatore Regeni: il processo è in corso a Roma
Passa per la cultura, una grande mostra (Tesori dei Faraoni) ospitata alle Scuderie del Quirinale dal prossimo ottobre, la ricucitura del governo di Roma con quello del Cairo. Giorgia Meloni lancia il cuore oltre l’oltraggio molto più di Matteo Renzi e Paolo Gentiloni che messi insieme, durante i loro esecutivi dal 2016 al 2018, non avevano mosso un dito in occasione del sequestro, della carcerazione comprensiva di torture e assassinio del ricercatore Giulio Regeni, un piano criminale sempre coperto dal presidente egiziano Abd al-Fattah al-Sisi. Certo, i nostri premier seppero di quello scempio a delitto avvenuto, ma non si peritarono mai d’interrompere i rapporti con la cricca militare che schiaccia dal 2013 la vita quotidiana della popolazione interna e dei visitatori esterni, a meno che non fruiscano del turistificio sul Mar Rosso. Ovviamente la cultura vola alto, non s’infanga del lordume del ceto politico d’ogni nazione ed è bene che l’esposizione romana, organizzata da una Srl (MondoMostre creatura aziendale di Tomaso Radaelli) sviluppi il suo programma, sperando in costi d’ingresso accessibili ai visitatori. La promozione fa già conoscere chicche pregiatissime (il sarcofago di Tuya, la maschera di Amenemope, le raffigurazioni di Ramsete VI e Sennefer) da gustare nel corso della visita. A curare la collezione, un esperto di quelle antichità, Tarek el-Adawi, ex direttore del Museo Egizio che sorge a ridosso della famosa piazza Tahrir, che nel gennaio 2011 fu il cuore delle speranze di trasformazione. Un uomo a sua volta testimone di alcune razzie: il furto compiuto da ladri che un paio di giorni successivi all’avvìo della rivolta s’introdussero tramite un lucernaio nelle sale espositive prelevando alcuni pezzi, diversi dei quali vennero comunque recuperati. E le razzie compiute da poliziotti che, anche dopo la caduta di Hosni Mubarak, usavano talune sale del Museo per malmenare e abusare i dimostranti.

Come denunciò in un processo Samira Ibrahim, una delle oppositrici sequestrate fra le mummie dei faraoni e poi trasferita nel carcere militare Haikstep. All’epoca la giovane rivelò: “In quei momenti desideravo di morire e non ero la sola. I militari ci toccavano, ci toccavano tutte. C’imponevano di abbassare i pantaloni… Una donna dei Servizi mi disse di distendermi perché “Sir” mi avrebbe visitata. “Sir” vestiva con abiti in dotazione all’esercito. Ero nuda davanti a lui, c’erano anche ufficiali e soldati che guardavano. Io chiedevo alla donna d’impedirlo. Uno che mi esaminava toccò il mio stomaco con uno strumento elettrico e continuava a insultarmi Se lui era un medico, come poteva farmi questo? Mi umiliavano per stroncarmi, volevano che non mi occupassi più di diritti, di politica. Ridotta in quelle condizioni non stai più lottando contro l’oppressione, ti senti semplicemente un essere inferiore”. Questa testimonianza di Samira è dei mesi successivi all’abuso, nella primavera 2011. Poi da 2013, dopo il golpe che portò al Sisi alla presidenza, la stampa interna non diffuse più notizie simili, né tantomeno informazioni. Un silenzio tombale ben più profondo e assolutamente non artistico ha soffocato il Paese, fino a lacerare, strangolare, annientare migliaia di giovani, come fu per Giulio Regeni che cercava di capire cosa accadeva nelle strade d’una civiltà millenaria resa lugubre dai nuovi potentati. Quel che diversi governi italiani – oltre ai citati, anche Giuseppe Conte e Mario Draghi e oggi Meloni – non hanno compiuto è un gesto d’amore oltreché d’onore verso un concittadino calpestato fino al martirio da un manipolo di killer: gli ufficiali della National Security Agency al servizio di al Sisi, il generale Tariq Sabir, i colonnelli Athar Kamel e Usham Helmi, il maggiore Magdi Sharif. Per quest’infamia è in corso a Roma un precesso, verso il quale il governo egiziano, che non può essere annoverato quale Istituzione amica, ha pervicacemente opposto indisponibilità assoluta. Ogni fruitore della mostra I tesori dei faraoni rivendichi il bisogno di giustizia per il nostro martire Regeni. L’odierna premier Meloni non può nascondere l’abominio d’un assassinio dietro la bellezza dell’arte.
articolo pubblicato su http://enricocampofreda.blogspot.it