La premier Meloni ha annunciato che andrà al seggio per i referendum dell’8 e 9 giugno, ma senza ritirare le schede. Un gesto in cui viene a meno il suo ruolo istituzionale che equivale a un’astensione piena che incide direttamente sul quorum, scatenando critiche e accuse di ambiguità
L’ennesima uscita a effetto Barnum, come il Circo dell’impresario a stelle a strisce Phineas Taylor, offerto da Giorgia Meloni premier a favore di telecamere e soprattutto del codazzo di replicanti-esegeti, portavoce o meno della Sorella d’Italia, cioè il giretto per il seggio senza ritirare le schede referendarie e votare, non è solo l’ennesima sparata d’una venditrice di fumo assurta a massima carica della politica nazionale. E’ l’ulteriore tassello della parodia da furbetta del quartierino che ora fa cose più importanti e seguìte rispetto alle precedenti fasi di militante missina e politica in età di svezzamento berlusconiano. Entrambe condite da arroganza e opportunismo senza freni, fregandosene dei ruoli istituzionali d’un ceto passato dalle ruberie di Stato della Prima Repubblica, allo scippo dello Stato dei restanti trent’anni e più che stiamo vivendo. Ormai fa sua la parodia del Bagaglino, di cui Giulio Andreotti e Bettino Craxi andavan fieri per il ritorno d’immagine che ne seguiva, passando per i Drive In e l’intero asservimento mediatico-intrattenitivo di cui il Cavaliere più amato dagli Italiani e dalle Italiane ha goduto, compresi i “Bungabunga” con le Olgettine, le storielle sessiste espresse sul palco di Atreju, insomma ogni comparsata giocata fra la Villa di Arcore e Palazzo Chigi. La figlia, sorella e madre d’Italia Giorgia, che ha imparato benone la lezione recitativa con accenti enfatici, colpi di teatro e astuzie comunicative se ne serve per la gestione del potere e rilancia in quell’orgia tanto cara alle destre liberali o illiberali, che non è un ossimoro visti i “padri nobili” cui i suoi corifei s’ispirano. Se poi aggiungiamo anche la non celeste ma nerissima nostalgia alla quale si richiamano parecchi meloniani, appare l’intera gamma dello straniamento che da un trentennio il post-fascismo – ben prima dello sdoganamento berlusconiano e del pellegrinaggio a Fiuggi – aggiunge ai richiami a mondi tolkeniani, manipolazioni fasciocomuniste, falsificazioni rossobrune. Sciocchezze. Senz’arte né parte di cui si sono riempiti le gote anche autoproclamati intellettuali di quella sponda. E il voto non-voto, cos’è? Beh, la Meloni vola basso e guarda al tornaconto, non lancia illusioni con Massimi Sistemi, s’accontenta di creare confusione, abbaglia taluni suoi elettori lavoratori dipendenti che qualche dubbio sull’astensione dalla difesa dei propri diritti se lo pongono. In più scompiglia i seggi, invitando ad andare in quei luoghi a far nulla, e dunque intralciando le normali operazioni di voto, occupando spazi, allungando le code dei votanti reali. Ai Fratelli e alle Sorelle d’Italia Giorgia fa intendere: fate trambusto, ostruite il passaggio, impedite l’espressione: “così li fregamo“.
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