Film girato in Francia e Canada, senza aspettative di gran risalto, ma lavorato bene dalla regista Deraspe che è riuscita a catturare la semplicità delle cose senza manierismi e fronzoli
Mathyas è un giovane quebecchese che si trova in Francia, a Arles. I soldi sulla carta di credito stanno per finire e lui ha deciso di non tornare in Canada e al suo vecchio impiego nel marketing ma di inseguire il suo sogno: diventare pastore. Per questo si mette in contatto con alcuni allevatori locali di pecore offrendosi come apprendista. Lo scopo sarebbe imparare e scriverne un libro. A volte è molto piacevole guardare un film dalla trama apparentemente noiosa con attori e regista pressoché sconosciuti. Si hanno meno aspettative e ci si può lasciare andare a un semplice sguardo. Eppure l’opera di Sophie Deraspe, esponente pluripremiata (il suo “Antigone” del 2019 ha riportato vari premi in ogni angolo del mondo) della nuova scena in Quebec è tutto meno che noiosa.

La storia ha un gran bel ritmo e la storia è avvincente, sembra un film di avventura dove la natura violenta degli uomini fa da contraltare alla natura spietata dei luoghi e della fauna. In questo senso la visione romantica di Mathyas si infrange contro la realtà delle cose di un mondo di cui ha solo letto e non sperimentato sulla propria pelle. Il giovane cerca il lavoro duro per arrivare alla terra e all’essenza della stessa e della natura ma il suo (e il nostro) sguardo muterà nel corso degli eventi. Un film bello, nel senso più puro della parola, senza fronzoli né manierismi, la camera si perde a volte in campi lunghissimi ma mai fissi e si fa respiro facendoci entrare direttamente nella storia. Scritto dalla regista e da Mathyas Lefebure la sceneggiatura è l’adattamento del racconto semi-autobiografico “D’où vient tu berger?” dello stesso Lefebure. Ottimi gli interpreti Félix-Antoine Duval e Solène Rigot. Un film convincente e realistico da vedere.