E’ andato n prima nazionale al Teatro Carcano di Milano L’empireo, diretto dalla bravissima Sinigaglia, tratto da The Welkin scritto dalla drammaturga e sceneggiatrice britannica Kirkwood
“Non guardo mai il cielo. A meno che non abbia il bucato steso”. Kitty esprime con chiarezza questa idea utilitaristica del cielo. Le donne in questa contea del Suffolk sono troppo impegnate nei faticosi lavori domestici, per riuscire a guardare in alto mentre la cometa di Halley attraversa il cielo. Per Sally Poppy, infelicemente sposata, invece non è così: quando guardò il cielo, non ha avuto dubbi: la cometa le annunciava l’arrivo di Thomas McKay, la sua passione piena di desiderio, e pregò il cielo per sfuggire alla sua limitata insulsa vita domestica.

E’ andato in scena in prima nazionale al Teatro Carcano di Milano L’empireo (il più alto dei cieli, ad evocare l’impassibilità divina di fronte alle vicende umane) diretto da Serena Sinigaglia (che lo desiderava realizzare già dal 2023 quando lo presentò come reading sempre nello stesso teatro in occasione della Giornata internazionale dei diritti delle donne) tratto da The Welkin (un vecchio termine inglese per la volta celeste) scritto dalla drammaturga e sceneggiatrice britannica Lucy Kirkwood, classe 1974. Un’opera che vede la partecipazione di numerose e importanti realtà teatrali. Produzione Teatro Nazionale di Genova, Teatro Carcano, Teatro Stabile di Bolzano, LAC – Lugano Arte Cultura, Teatro Bellini di Napoli
Marzo 1759, Suffolk, contea sperduta nell’Inghilterra rurale, sono i giorni del passaggio della cometa di Halley. Sally è stata condannata all’impiccagione per aver ucciso, insieme al suo amante, una bambina di dodici anni, figlia di una ricca famiglia locale. Un delitto raccapricciante. Ammette l’omicidio ma afferma di essere incinta. Per stabilire se sia vero o si tratti di una scaltra mossa per evitare l’impiccagione, il tribunale convoca dodici donne, in una stanza senza cibo, acqua, fuoco o candele, che nulla sapendo di medicina e di scienza, sono chiamate a un giudizio solo sulla gravidanza, per decidere se sta dicendo la verità come lei sostiene, perché se lo è la sentenza di morte verrà commutata in deportazione.
Una storia feroce, profondamente cruda, noir e violenta, macchiata di sangue, urina e latte e allo stesso tempo ricca di momenti di autentica comicità (ci sono risate inaspettate tra le protagoniste e anche tra il pubblico) al pari della realtà. La parola risuona potente, secca e ruvida anche in italiano grazie alla traduzione di Francesco Bianchi e di Monica Capuani, che ha anche firmato la drammaturgia, anche quando il linguaggio è imprecatorio è non mancano termini volgari.
Un ’unica scena, spoglia (“la semplicità è la scelta più potente, anzi entusiasmante”, ha dichiarato la regista) occupato soltanto da quattordici sedie poste in semicerchio che saranno una per l’imputata, dodici per le giurate e infine una per Mr Coombs, l’uomo che le ha riunite. Un orizzonte di luce fissa si staglia sullo sfondo nero, pronto ad assorbire corpi, figure, parole. Una luce drammatica, un chiarore freddo, algido che scende dall’alto e che non illumina mai completamente e totalmente, ma che trasmette l’impressione di un quadro fatto di singoli dettagli. Il solo movimento scenico è dato dall’alzarsi in piedi alternativamente meno delle donne (indossano tutte abiti neri ) durante il discorrere del testo. Con dei fogli in mano ognuna presenta il suo personaggio, raccontando tutti i tipi di estenuanti compiti domestici da svolgere, tra lenzuola da stirare, coltivazioni di porro da seguire, o lo sbattere il burro quando non sono impegnate a partorire. Sono anche, queste donne, attrici a cui è affidato un copione da portare in scena per raccontare una storia del passato, come ben evidenzia la regia di Serena Sinigaglia. Fuori, come protagonista senza volto la folla con urla che si sentono quando si immagina l’apertura di una finestra invoca il capestro.

A iniziare la discussione è Lizzy Luke (Arianna Scommegna), la robusta e autorevole levatrice del villaggio, pronta a difendere la ragazza, si rivolge alle altre richiamandole alla responsabilità perché, questa è una decisione, il loro potere di vita e di morta, con cui dovranno condividere tutta la loro e per questo suggerisce che la decisione finale sia presa all’unanimità. Mentre le donne si scambiano esperienze di parto, vacillano nelle loro opinioni, cambiano schieramento, emergono vari dettagli delle loro vite passate e segreti inconfessabili. Non tutte le donne credono a Sally, per una serie di ragioni. Sarà però un medico (Alvise Camozzi) portatore di più autorità rispetto alle voci delle donne comuni, a dimostrare, con un primordiale brutale speculum vaginale, che la donna è effettivamente incinta. Alla fine l’imprevedibile colpo di scena finale (niente spoiler) concluderà la vicenda. Lasciando aperti tante interrogativi che affrontiamo noi oggi, dalle questioni legate all’aborto e il diritto delle donne a controllare il proprio corpo, la maternità, viste da ogni angolazione, comprese quelle più oscure e mortali. Perché tutti gli archetipi della sottomissione culturale, le insicurezza ataviche del femminile nascono lì nel passato, pieno di paura e di ignoranza e di sottomissione al potere maschile.
Bravissime le attrici che vogliamo nominare tutte (in rigoroso ordine alfabetico) che tratteggiano, solo con l’atteggiamento del corpo e le parole, quei tratti caratteristici di ciascun personaggio mediando con sapienza il comico e il tragico: sono Giulia Agosta, Alvise Camozzi, Matilde Facheris, Viola Marietti, Francesca Muscatello, Marika Pensa, Valeria Perdonò, Maria Pilar Pérez Aspa, Arianna Scommegna, Chiara Stoppa, Anahì Traversi, Arianna Verzeletti, Virginia Zini, Sandra Zoccolan.
Uno spettacolo “corale” come scrive nelle note di regia Sinigaglia ma non c’è dubbio che ha due protagoniste: Sally interpretata con feroce ribellione dalla giovane Viola Marietti (la secondogenita di Lella Costa) nei panni dell’imputata Sally: sfrontata, furiosa, on la mano allungata mollemente fra le gambe aperte, ardente di un desiderio sessuale vissuto e immaginato, sulla linea vertiginosa tra la sfida e l’abbandono. La fiammata in cui tutto quello che è stato patito, brucia infine di uno splendore breve e fascinoso del godimento di un piacere negato da una vita infame. Una carnefice ma anche una vittima. Ed Elisabeth, l’ostetrica del villaggio. La forza interpretativa di Arianna Scommegna, che ben conosciamo, si sprigiona tutta in questo ruolo, incarnando tutte le complessità e i conflitti interiori, con una grinta mista a vulnerabilità, sapienziale ironia. Accompagnata da una gestualità molto marcata, a rappresentarne la verità più intima. Ancora una volta, Scommegna è riuscita nel compito difficilissimo di unire la grandezza tecnica a sensibilità emotiva.
Non sorprende che lo spettacolo sia stato accolto con grande favore dal pubblico presente. Gli applausi alla fine non finivano mai e Serena Sinigaglia , insieme alle attrici sul palco a ringraziare il pubblico.
Dopo il debutto nazionale al Teatro Carcano di Milano tournée (in composizione)
17/02/2025, Forum Bressanone
18/02/2025, KiMM Merano
19/02/2025, Teatro Comunale Vipiteno
20/02/2025, Teatro Cristallo Bolzano
21/02/2025, NOBIS Bruneck.Brunico
08-13/04/2025, Teatro Gustavo Modena Genova
15-16/04/2025, LAC Lugano
29-30/04/2025, Teatro Verdi Pordenone