Cattaneo e Monteforte suoneranno all’evento di Milano, promosso dall’associazione PaLiNuro

Nel capoluogo meneghino sbarca l’evento jazz “Ai milanesi ghe pias el giazz”, organizzato da Edoardo Fiorini, fondatore e presidente dell’associazione PaLiNUro (Pazienti Liberi dalle Noeplasie Uroteliali) www.associazionepalinuro.com. Imprenditore e manager, appassionato di musica. Da diversi anni si occupa di progetti musicali e quest’anno è la volta del jazz che onora con un libro, di cui è l’autore, che raccoglie interviste e ricostruisce la storia del jazz a Milano dal dopoguerra fino ai giorni nostri. Il progetto comprende anche la realizzazione di un doppio cd che è la rappresentazione sonora della storia del jazz realizzata attraverso gli “Standard” più popolari…in dialetto “milanese”, tradotti dalla poetessa Paola Cavanna.

Noi di ultimaparola.net abbiamo avuto il piacere di intervistare alcuni musicisti protagonisti della serata, Paolo Cattaneo, musicologo, docente e musicista, che lavora in ambito linguistico-musicale e musicoterapico, e Giovanni Monteforte, musicista e compositore. L’occasione di incontrarli ci ha permesso di parlare di questa musica e di coglierne gli aspetti non solo linguistici ma anche semantici e di capire quanto sia importante la musica e in questo caso, il jazz, come veicolo di educazione, di crescita personale e di cura per le persone.

Come è nata questa iniziativa?

R. Cattaneo: Questo evento nasce grazie all’associazione Palinuro che si occupa di malati oncologici. E’ un evento che collega l’associazione alla realtà milanese dove noi ne rappresentiamo una parte, quella del jazz. Milano ha una grande tradizione jazzistica, basti pensare a quanti musicisti ne fanno parte. Possiamo citare molti locali che hanno dato spazio a questa musica, il Capolinea e oggi il Blue Note di fama nazionale e internazionale. E’ una iniziativa a scopo benefico; la mission è quella di offrire una serata di jazz in forma colloquiale con questo titolo in dialetto “Ai milanes ghe pias el giazz” e di far capire. con un pizzico di ironia, che la musica può essere di grande aiuto anche nei momenti difficili. 

Nella tua lunga attività musicoterapica hai elaborato una metodologia che
coinvolge la persona nella sua totalità: psicorporea- ritmo, affettivo emozionale – melodia, cognitiva – armonia. Cosa significa?

R. Cattaneo: Sì certo, il ritmo stimola la risposta psicocorporea. Quante volte abbiamo provato la sensazione di battere il piede durante un motivo, basti pensare allo swing, o a quando battiamo le mani ascoltando un motivetto  o magari un tema celeberrimo  come nella Marcia di Radetzky (di Johann Strauss I). La musica è fatta poi di melodia che va a coinvolgere le parti più profonde del cervello, le aree limbiche, e viene costudita gelosamente nella memoria per cui un malato di Alzheimer o di una sindrome affine a questa malattia anche se dimentica molto della sua vita o non riconosce i familiari può ricordare una melodia. La melodia costituisce un tratto distintivo indelebile dell’esperienza musicale. Gli accordi sono invece la parte più matematica della musica, perché quando sentiamo due o più suoni insieme, il nostro cervello inizia a fare di conto. La definirei una matematica emozionale. Quando ascoltiamo un accordo, il cervello di ciascuno di noi è portato a instaurare un rapporto non solo quantitativo, ma anche qualitativo con le frequenze. Ecco perché una consonanza ci dà una sensazione di riposo e invece una dissonanza ci induce all’inquietudine. Quindi le tre cose insieme, ritmo, armonia, melodia, vanno a stimolare la persona nella sua totalità con molteplici ricadute positive a livello psicocorporeo, affettivo-emozionale e cognitivo.

Si definisce un musicista tradizionalista e antirevisionista per quanto riguarda il linguaggio e l’estetica del jazz. Mi spieghi questo concetto?

R. Monteforte: Il jazz nel suo periodo d’oro era un’avanguardia e questa cosa è piaciuta molto ai musicisti e alla gente. Non ci si rassegna al fatto che ora il jazz non è più avanguardia ma tradizione e come tutte le forme d’arte, ha fatto il suo tempo. Ma quello che è importante è che come tutte le tradizioni va conservato e tramandato. Oggi il vero jazzista, a mio avviso, è un militante che deve essere impegnato nel tramandare i veri valori tradizionali del jazz. Mi spiego meglio. In un mondo affetto dal consumismo, vogliono far rientrare nel jazz qualsiasi forma musicale. Per distinguere il jazz, però, ci sono due aspetti linguistici ed estetici. Gli aspetti linguistici sono lo swing che è un modo di tenere il tempo terzinato con gli accenti sul levare, sul due e sul quattro, poi ci sono le blue note che danno la connotazione nera della musica, poi il timbro. Come dice Gunther Schuller”. Il suono del jazzista non si compra al negozio insieme allo strumento”, ma è il prodotto di anni e anni di maturazione sul suo suono e sul suo strumento, e questo è vero anche per la musica classica. La regolazione di tastiere e pedali, come ad esempio nella musica rock, fanno in modo che il suono non sia più il timbro del musicista come persona in carne e ossa, ma diventa artificio del suono stesso, perché prodotto da uno strumento tecnico. Il linguaggio stilistico del jazz è invece quello di essere legato strettamente all’essere umano e non all’artificio. Inoltre, la musica è semantica, nel senso che trasmette dei valori sempre ancorati al periodo storico in cui è nata, così detti contenuti semantico-culturali. Anche il jazz trasmette dei valori. Nacque nel periodo storico-sociale in cui esisteva la lotta contro l’apartheid e la politica di sfruttamento razziale e di classe dei neri. Oggi come ieri, l’alienazione generale nel mondo contemporaneo non coinvolge solo i neri, ma tutta l’umanità, e trova nel jazz una forma di comunicazione universale. Questo dà particolarmente fastidio alla politica. Il jazz fa paura perché è libertà, lo diceva anche in una recente intervista, Sonny Rollins. E’ per questo motivo che si tende a revisionarne il messaggio linguistico e semantico ed per questa ragione che è necessario conservare e tramandare la tradizione.

Siete amici da tempo. Vi siete conosciuti sull’onda del jazz?

R. Cattaneo: E’ il jazz che ci ha fatto diventare amici. Si, ci siamo conosciuti nel locale “I Tri Basei”. Avevamo 20 anni e andavamo a lezione da Joe Cosumano. Io ero lì per caso e Giovanni mi aveva invitato a fare un pezzo musicale con la chitarra.

Che jazzisti vi definite?

R. Cattaneo: Credo di essere un “jazzista da camera”, nel senso che amo l’intimità. Amo il jazz suonato con le chitarre acustiche, con un contrabasso acustico davanti a un piccolo gruppo di persone, rendendole partecipi con una forma di interazione dialogica.

R. Monteforte: Mi sento molto malleabile. Come per Paolo, non mi piace la musica urlata. Mi piace quella riflessiva come il Cool jazz. Ho ascoltato molto Charlie Parker, poi Lee Konitz, e molti chitarristi come Jimmy Raney, Tal Farlow e Billy Bauer. In molte situazioni mi sento diverso, alcune volte mi sento mainstream, in altre free, in altre cool. Non ho pretese di pedigree.

Qual è il futuro del jazz? Come lo si vive in Italia rispetto all’estero?

R. Monteforte: Il futuro del jazz è anche una questione politica. Il jazz è cultura e arte. Viviamo in un periodo storico in cui il capitalismo che domina il mondo tende a distruggere la cultura e l’arte. Le tradizioni e la sovranità dei popoli e la loro identità sono messe in discussione da questa globalizzazione che è l’estetica dell’insignificanza, dove tutti sono uguali e nessuno è se stesso. E’ nato un movimento sovranista che si oppone al globalismo mondiale.

R. Cattaneo: Abbiamo un capitale enorme che è la musica.  Essa ci offre uno spazio alla creatività e alla spiritualità e ci sottrae a quel processo di onticizzazione che oggi sembra sempre più difficile da contrastare L’uomo sta diventando sempre più cosa e sempre meno persona; la musica potrebbe fare molto per frenare questo processo degenerativo della parabola esistenziale della persona favorendo una relazione di ascolto più autentica. Vale la pena di sottolineare poi che la musica coinvolge il cervello a 360°, basti pensare a una canzone: la parola si forma nell’emisfero sx e la melodia nell’emisfero dx. Quando noi cantiamo facciamo lavorare entrambe gli emisferi cerebrali. L’invito che rivolgo a tutti è quello di tenere sempre viva l’esperienza del canto in ogni momento della nostra vita.

Presentazione: Mercoledì 12 ottobre 20222, ore 18, Circolo Filologico Milanese, Sala Liberty. Via Clerici 10, Milano.

Info: 0286462689, www.filologico.it

Serata musicale: Lunedì 17 ottobre 2022, ore 20,45

Teatro Bruno Munari- Teatro Del Buratto, via Giovanni Bovio 5, Milano.

Donazione minima 10 euro, l’incasso sarà devoluto all’Associazione PaLiNUro

Di Marcella Baldassini

Grafico editoriale e giornalista professionista iscritta all’Ordine nel 1994. Ho curato la veste grafica per numerose riviste di arredamento (Domus, Gioia Casa, Spazio Casa) e settimanali femminili di attualità, gossip e benessere (Gente, Vitality). Da sempre appassionata d’arte, design, e psicologia. Ho lavorato, inoltre, con l’Editoriale Domus, Rusconi Editore - Hearst, Editoriale Jackson e in varie agenzie di pubblicità come visual. Ho collaborato anche con ultimaparola.net e stadio5.it

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